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Scopri cos’è la didattica speciale

Capitoli

  1. Didattica speciale: definizione
  2. Didattica e pedagogia speciale
  3. Quando e dove si usa la didattica speciale?


Il termine “didattica speciale” può trarre in inganno chi non conosce l’argomento. Sai cosa significa didattica inclusiva? Conosci la differenza tra integrazione e inclusione? E quella tra alunno con handicap e alunno in situazione di svantaggio?

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Didattica speciale: definizione

 

Parlare di didattica speciale non è semplice. In primo luogo perché sono molto elaborati i concetti che stanno alla base di questa didattica che si occupa di “bisogni speciali”, quelli che in ambito scolastico siamo abituati a definire BES.

Per semplificare al massimo, la didattica speciale è quella forma di didattica che si occupa di tutti gli individui con deficit, difficoltà, disturbi o handicap, 👨‍🦽 mirando a integrare e a includere nel gruppo classe (e in ultima istanza nella società) questi soggetti. Per questo motivo forse hai sentito parlare di “didattica speciale dell’integrazione” o di “didattica speciale inclusiva”.

Ma cosa sono l’integrazione e l’inclusione? Possiamo vedere l’integrazione come il primo e necessario passaggio verso l’inclusione. L’integrazione scolastica nasce decenni fa in Italia, con la scelta, per legge, di consentire che soggetti portatori di handicap fossero educati nelle scuole esattamente come tutti gli altri.

L’inclusione è invece ciò a cui si punta oggi: fornire a questi soggetti (e a quelli con deficit, disturbi o difficoltà di apprendimento) gli strumenti per essere realmente inclusi nella classe e nella società, ovvero potersela “giocare alla pari” con gli altri. La didattica speciale inclusiva è allora quella che mira ad annullare quanto più possibile le differenze e a permettere a tutti di apprendere e crescere alla stessa maniera. 🚀

 

Didattica e pedagogia speciale

 

La didattica speciale affonda le sue radici nella pedagogia speciale, una scienza autonoma che ha come oggetto di indagine l’educabilità di soggetti portatori di handicap o con deficit e disturbi che ne compromettono in parte le abilità

La pedagogia si propone proprio di trovare un approccio scientifico all’educazione dei soggetti in condizioni di svantaggio: quali metodi possono essere efficaci? Quali strumenti si possono adoperare? Essa vuole trovare il modo di aiutare i soggetti con deficit ad accettarli e a superarli e quelli con handicap a ridurli quanto più possibile. 

Tutto ciò può sembrare molto teorico e poco pratico, grandi paroloni e concetti difficili da comprendere, 🤓 ma in realtà è proprio l’opposto: la pedagogia speciale vuole risolvere a livello pratico i problemi educativi dei soggetti con bisogni speciali. Qualsiasi essi siano.

La didattica speciale, per così dire, segue a ruota: ha il compito di individuare i modelli teorici applicabili alle singole situazioni di svantaggio (ovvero di trovare ciò che scientificamente “funziona”) e di elaborare metodi didattici di intervento precisi e personalizzati. 📑

Non esiste infatti didattica speciale senza PEI, ovvero senza un Piano Educativo Individualizzato: il piano di studio personale, per così dire, elaborato dalla scuola per lo studente con disabilità certificata, spesso attuato con l’aiuto di un insegnante di sostegno. Il PEI serve a programmare le attività educative e didattiche ritenute utili e indica materiali, metodi e strategie di apprendimento necessari per raggiungere gli obiettivi prefissati.

PEI e PDP, quali sono le differenze?

Il Piano Educativo Individualizzato e il Piano Didattico Personalizzato non sono la stessa cosa. La differenza, anche se può sembrare sottile, esiste. Il PEI è rivolto esclusivamente agli studenti con disabilità certificata (in base alla famosa legge 104). E’ un documento fondamentale per delineare le linee guida di intervento nei confronti della persona disabile, con l’obiettivo di far guadagnare a essa quanta più autonomia possibile. ✌️

Il Piano Didattico Personalizzato è invece un documento dedicato a tutti gli individui che hanno disturbi o difficoltà che non comportano però deficit cognitivi o sensoriali veri e propri, pur determinando una limitazione delle attività normali e quotidiane (da un punto di vista cognitivo, motorio, emotivo).

Il PDP è uno strumento utilissimo per l’educazione di tutti gli studenti con uno o più Bisogni Educativi Speciali (BES): negli ultimi anni il suo utilizzo è in crescita, soprattutto per bambini e ragazzi con disturbo specifico dell’apprendimento certificato.

 

Quando e dove si usa la didattica speciale?

 

La spinta verso una didattica realmente più inclusiva si è fatta recentemente sempre più forte. A tirare le fila dei suoi promotori c’è niente meno che l’UNESCO, che ha pubblicato di recente un rapporto sull’educazione globale dedicato proprio al tema dell’inclusione.

Nessuno deve essere lasciato indietro: per nessun motivo. Nella scuola italiana, oggi, l’orientamento verso l’inclusività trova molti sostenitori. La didattica speciale è lo strumento ideale, che permette di realizzare interventi educativi nell’ambito della classe, senza dunque escludere dalla vita di gruppo lo studente portatore di handicap, di deficit o di disturbo di qualsiasi tipo.

Certamente però gli insegnanti devono essere formati al proposito ed essere in grado di educare all’inclusione il resto della classe: dall’integrazione si deve passare all’inclusione, anche attraverso modelli educativi che valorizzino il lavoro di gruppo, favorendo lo scambio attivo di esperienze, ruoli e conoscenze. 

Va fatto anche un passo in più: 👣 estendere l’inclusività a tutti, non solo agli studenti in possesso di una qualsiasi certificazione. Siamo tutti diversi, ma siamo tutti uguali nei diritti; l’insegnante di classe deve dunque diventare abile nel personalizzare quanto più possibile la didattica, riconoscendo e valorizzando peculiarità e differenze individuali.

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