STORIE

Applicare la disciplina sportiva allo studio: intervista a Edoardo Melosi

Nelle Storie di GoStudent parliamo di esperienze vere. In questa intervista abbiamo fatto due chiacchiere con Edoardo Melosi, preparatore atletico per una società professionistica di calcio.

Edoardo ci parlerà di cosa significa per i giovani calciatori giocare in una squadra a livello professionistico, del rapporto tra genitori e figli, di come è possibile conciliare gli impegni sportivi con quelli scolastici e di come applicare la disciplina sportiva allo studio. 👇

 

Ciao Edoardo, cosa fai nella vita?

Mi presento: mi chiamo Edoardo Melosi, ho 28 anni e sono un preparatore atletico. Ho questa passione da quando ho iniziato gli studi universitari e ora lavoro per una società professionistica di calcio a Monza, ma collaboro anche con una società dilettantistica a Lentate (MI), dove seguo la prima squadra che fa la promozione.

A livello dilettantistico e professionistico ci sono differenze nella struttura della squadra?

Sì, soprattutto per quanto riguarda la struttura dello staff. Nel settore professionistico ci sono molte più figure all’interno della società che collaborano al raggiungimento degli obiettivi della squadra, ma soprattutto si occupano della crescita del giovane calciatore. Abbiamo ad esempio la figura dello psicologo, del nutrizionista, degli osservatori e dei dirigenti. L’obiettivo finale di tutti è quello di portare i giovani calciatori in prima squadra.

Nel settore dilettantistico non si ragiona così perché mancano le disponibilità economiche per farlo, le figure della società sono quindi legate solo a quello che riguarda “il campo”: allenatore, eventuale collaboratore tecnico e preparatore atletico. 

Tutti i calciatori che segui sono in età scolastica…

Sì, dai piccoli fino agli under 19, sono tutti ragazzi che vanno a scuola.

Come vivono i genitori gli impegni sportivi dei figli?

Secondo me, i genitori arrivano a un momento in cui sono orgogliosi dei propri figli e capiscono che i ragazzi più di così non possono fare. La nostra società è già al top del calcio giovanile e credo che i genitori siano fieri dei propri figli e degli sforzi che fanno per giocare a questi livelli.

Quali sono le competenze che i ragazzi acquisiscono sul campo e che possono trasferire a scuola o nella vita?

Sicuramente la motivazione. L’impegno e i sacrifici che i ragazzi attuano in campo per raggiungere i loro obiettivi durante la partita vengono poi applicati anche a scuola nelle interrogazioni e nelle verifiche. 

Inoltre, in uno sport di squadra come il calcio, socialità e condivisione sono aspetti importantissimi che portano a sviluppare capacità di leadership e di comunicazione.

Domanda pratica: da genitore, se mi accorgo che mio figlio è talentuoso cosa faccio?

È necessario partire da un presupposto: se il ragazzo davvero ha talento prima o poi arriva al traguardo e non va spinto. Se si decide comunque di spingere il ragazzo (per esempio richiedendo un provino), occorre fare attenzione. La situazione è molto diversa nel caso in cui sia qualcuno di esterno a notare il ragazzo, o nel caso in cui sia il genitore a insistere per far salire di livello il figlio. Nel secondo caso, è facile che il ragazzo senta troppo il peso delle aspettative del genitore e alla lunga perda la motivazione necessaria per arrivare a buoni risultati sul campo.

Per quanto mi riguarda, la cosa più importante per i ragazzi è mantenere la giusta motivazione nel tempo, vedo tanti ragazzi forti a livello tecnico che negli anni mollano lo sport perché non riescono a mantenere il giusto stato mentale per arrivare in alto.

Visti gli impegni sportivi, come gestiscono i ragazzi la scuola e i compiti?

Il nostro obiettivo come azienda sportiva è evitare che il ragazzo lasci lo sport. L’abbandono dello sport è una conseguenza frequente proprio per dinamiche scolastiche e familiari.

Quello a cui puntiamo è quindi bilanciare istruzione e sport così che, se il ragazzo non dovesse diventare calciatore, avrebbe comunque una seconda scelta data dalla cultura.

C’è da dire che chi fa sport va meglio a scuola. I ragazzi che fanno sport a livello professionistico devono per forza di cose sviluppare una migliore organizzazione, concentrazione e motivazione rispetto agli altri studenti. Avendo meno tempo a disposizione devono riuscire a sfruttarlo al meglio (alcuni ragazzi addirittura studiano durante il tragitto in autobus verso l’allenamento).

Non tutti i ragazzi hanno le stesse capacità di concentrazione e autocontrollo, ma per fortuna in questi casi le scuole ci danno una mano. Il 90% delle volte gli istituti scolastici aiutano gli atleti professionisti con uscite anticipate, assenze giustificate e interrogazioni programmate. Questo non avviene invece a livello dilettantistico.

 

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